I tratti di questa leadership emergono dal confronto tra le organizzazioni tradizionali e quelle che meglio sono oggi in grado di raccogliere le sfide della trasformazione.
Scopri di più in questo articolo a firma di Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano.
Mentre il modello di management tradizionale mostra i segni di una crisi che appare profonda e irreversibile, emerge lo spazio, o ancor più la profonda necessità, di un nuovo modello di leadership: una leadership dinamica fondata sulla competenza e non sullo status, capace di ridare umanità e senso all’organizzazione del lavoro e di accompagnare le persone attraverso uno dei processi di trasformazione più veloci e profondi a cui la storia economica abbia mai assistito.
Se il manager tradizionale è un accentratore, che usa l’informazione come strumento di potere, assicurandosi che flussi e decisioni seguano la catena gerarchica, nelle organizzazioni più dinamiche questo meccanismo decisionale viene rifiutato perché ritenuto inefficace e lento, e le decisioni vengono delegate per essere prese al più basso livello possibile. Al ruolo della gerarchia come canale privilegiato di trasmissione dell’informazione viene sostituito il principio della comunicazione aperta e trasversale, che si rivela molto più efficace per mettere i lavoratori in grado di risolvere problemi, collaborando in modo diretto e immediato con chi all’interno dell’organizzazione ha le informazioni e le competenze necessarie a generare una soluzione.
Inoltre, all’obbedienza e subordinazione viene sostituito il principio della responsabilità ed empowerment individuale: ogni lavoratore per essere efficace, deve essere portato a conoscere gli obiettivi e farli propri con autonomia sapendo assumere responsabilità e ownership sui processi che gli vengono affidati.
Alla standardizzazione dei processi e delle modalità di lavoro, nelle organizzazioni più dinamiche, viene sostituito il principio della personalizzazione e flessibilità nelle condizioni di lavoro. La flessibilità va vista non come una concessione o una richiesta unidirezionale dal manager al collaboratore o viceversa, quanto piuttosto come uno scambio, una sperimentazione continua alla ricerca di modalità di lavoro che riescano a bilanciare meglio le esigenze del lavoratore e dell’organizzazione per raggiungere equilibri a somma positiva.
Infine, alla formalizzazione delle mansioni, viene sostituita la valorizzazione e lo sviluppo dei talenti individuali. Le organizzazioni più innovative hanno imparato come costringere le persone in ruolo omologati sia costoso e spesso inefficace, e come occorra piuttosto comprenderne e accettarne le specificità e per valorizzarne i punti di forza.
Dall’osservazione dei comportamenti e degli stili di leadership nelle organizzazioni più dinamiche e innovative, emerge come il ruolo dei manager resti fondamentale, ma debba evolvere. Il leader dovrebbe preoccuparsi innanzitutto di creare nelle sue persone le condizioni per un vero “engagement”: quell’insieme di appartenenza, senso di direzione, condivisione di obiettivi, fiducia e benessere psicologico che sta alla base di comportamenti positivi come la lealtà, la creatività, la motivazione al cambiamento e all’autosviluppo. I manager del futuro dovranno essere capaci di generare e mantenere un pieno engagement delle persone anche a fronte di una forte pressione ai risultati e al cambiamento.
Nella descrizione che abbiamo fatto del leader ci siamo concentrati sul ruolo dei manager dando implicitamente per scontato che loro e solo loro possano essere, e debbano sentirsi chiamati ad essere, i leader di un’organizzazione in cambiamento. Ma nelle organizzazioni sane la leadership non è l’atto eroico di un uomo solo al comando, ma piuttosto un atteggiamento collettivo di apertura e passione imprenditoriale, la volontà condivisa di creare un impatto positivo e realizzarsi come persona assieme a coloro con cui viviamo. I manager dunque devono essere catalizzatori di una leadership collettiva, organica e sociale, l’unica leadership che può rivelarsi realmente sostenibile, la sola che può consentire ad una società di adattarsi ed evolvere ad una velocità non lineare.
La ricerca di una nuova leadership non è un’utopia, ma una necessità storica, uno sforzo la cui concretezza e impatto potenziale è già visibile a chi, con lucidità e senso critico, sa guardare alla crisi delle organizzazioni tradizionali e all’esempio di quelle che stanno cambiando il mondo.