Cambiare lavoro è una decisione che non si prende a cuor leggero, ma che spesso si manifesta nella persona molto prima del tempo tramite atteggiamenti inequivocabili. Scopriamo quali sono i segnali cui un’azienda dovrebbe fare attenzione per evitare di perdere le proprie risorse.
Cambiare lavoro è una decisione importante e delicata che capita a quasi tutti i lavoratori in qualche momento della vita. I motivi per cui si sceglie di andare per un’altra strada possono essere molti e, spesso, non dipendono solo da una spinta interna, ma da ciò che accade intorno.
Molto spesso, prima che questa scelta sia definitiva, l’azienda ha diversi modi di intervenire per non perdere la risorsa in questione. Per farlo, è importante però riconoscere i segnali che il dipendente manifesta e, una volta individuati, instaurare un dialogo e un approccio costruttivo per evitare che la persona si allontani definitivamente.
Come capire se una persona sta pensando di cambiare lavoro
Insoddisfazione continua
Sul lavoro, un livello di motivazione sempre alto è un obiettivo ottenibile solo in determinati momenti, e voler raggiungerlo a tutti i costi fa anche parte di una certa cultura della toxic positivity. D’altra parte, però, una persona sempre insoddisfatta e demotivata è una spia del fatto che potrebbe pensare a un cambio lavoro.
Una stanchezza costante o un malessere generale, o ancora una perdita di interesse ed entusiasmo nei confronti dei task da svolgere, sono campanelli d’allarme che vanno considerati attentamente.
Necessità di crescita professionale non soddisfatta
Oggi per un’azienda non basta più essere un brand rinomato e ben posizionato sul mercato. Per attirare e coltivare talenti, evitando un turnover elevato, bisogna offrire reali prospettive di crescita professionale: una retribuzione in linea con il mercato, la creazione di un percorso di carriera ad hoc, la possibilità di mettersi alla prova con progetti nuovi e stimolanti.
In mancanza di questo, un professionista, per quanto leale nei confronti dell’azienda, comincerà a soffrire della sua posizione stagnante. Una volta compreso che la carriera non ha altre prospettive se non la ripetizione dei soliti task, si guarderà intorno per trovare realtà che accolgano la sua voglia di crescita.
Mancanza di politiche di welfare aziendale
Sentirsi soddisfatti in un’azienda non dipende solo dallo stipendio percepito o dalle prospettive di carriera. Molto spesso ciò che fa la differenza è quanto ci sentiamo bene in quell’ambiente, e quanto ci supporta nelle piccole cose quotidiane che possono incidere anche sulla nostra vita privata.
La gestione del welfare aziendale a tutti i livelli rivela molto dell’anima di un’azienda, e può incidere in modo importante sulla qualità della vita della persona. Una realtà che si occupa della salute mentale dei propri dipendenti, che mette a disposizione percorsi di crescita personale e professionale, che supporta il work life balance riesce a ottenere una migliore talent retention.
Un luogo di lavoro in cui questi supporti mancano, o sono scarsi, incide sulla performance e sull’umore generale: un indicatore che porta spesso a un cambio di realtà da parte della persona.
Stress eccessivo e burnout
Il corpo comunica più di quanto pensiamo e riesce a cogliere ed esprimere il malessere anche prima che la mente se ne accorga.
Quando non si sta più bene in un ambiente di lavoro, reagiamo con dei sintomi abbastanza inequivocabili, anche se diversi per ciascuno: può darsi che l’umore sia a un livello costantemente basso, anche davanti ai task più semplici; si è più suscettibili, e può darsi quindi che la relazione con gli altri peggiori; in più, uno stress eccessivo può indebolire anche il sistema immunitario, peggiorando ulteriormente la qualità della vita e delle prestazioni lavorative.
Se ci accorgiamo che un/a collega accusa uno o più di questi sintomi, potrebbe essere utile fissare un meeting, anche informale, per capire se il problema può essere risolvibile con un intervento da parte dell’azienda.