Burnout, pandemia e il ruolo delle aziende

L’isolamento, l’iperconnessione, gli scambi sociali ridotti, uniti alla difficoltà di conciliare impegni lavorativi e familiari hanno alimentato un fenomeno che incide profondamente sul benessere dei dipendenti e sull’economia delle organizzazioni
Cosa innesca l’esaurimento? Come possono le aziende riorganizzare il lavoro per prevenire lo stress?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce il burnout come un fenomeno occupazionale dovuto a stress cronico mal gestito, e l’ha riconosciuto come sindrome dal 2019.

Il burnout è dunque il risultato di un processo graduale che si sviluppa nel tempo, manifestandosi con “sintomi” quali difficoltà di concentrazione, bassa stima di sé, depersonalizzazione, senso di colpa, indecisione, fino ad arrivare a un vero e proprio sfinimento psichico.

Il prolungato periodo di pandemia che stiamo ancora vivendo, incidendo negativamente sui livelli di stress di milioni di lavoratori, ha largamente alimentato questo fenomeno, tanto che si parla ormai di “burnout pandemico”.

Una circostanza che certo non sorprende, visto che in molti hanno sperimentato in prima persona la difficoltà di mantenere i ritmi lavorativi pre-covid, dovendo magari al tempo stesso occuparsi dei bambini e ragazzi rimasti a casa a causa dei lockdown, e privati di quelle valvole di sfogo rappresentati da momenti di socialità quali incontri con amici e parenti, viaggi o una semplice cena fuori casa.

Il burnout però non dipende unicamente da questi fattori contingenti, ma è molto legato a come opera l’organizzazione di cui si fa parte. Come vengono distribuiti i carichi di lavoro, ad esempio, può avere un impatto importante sul benessere dei dipendenti.

La psicologa ed esperta in materia Christina Maslach, della Berkeley University, ha individuato 6 fattori che portano all’esaurimento: il carico di lavoro, il controllo o l’autonomia che si ha nel proprio lavoro, la mancanza di riconoscimento per il proprio impegno, il grado di collaborazione interno, l’equità dei leader e la sensazione o meno di creare valore con il proprio operato.

Da questo elenco è facile comprendere come si tratti di fattori sui quali una corretta organizzazione aziendale può incidere in maniera significativa.

Mai come in questo momento, in cui spesso invece si chiede ai lavoratori “di più”, i datori di lavoro e i manager dovrebbero invece ripensare all’organizzazione del lavoro, per prevenire lo stress. Un primo passo è dare flessibilità e autonomia ai lavoratori, secondo un modello “domanda, controllo e supporto”, che si traduce in una particolare attenzione ai carichi di lavoro, una maggiore autonomia e un maggior supporto.

Quello del burnout, non dimentichiamolo, è una problematica seria che ha dei costi niente affatto trascurabili tanto sul benessere dei lavoratori quanto sull’efficienza delle organizzazioni, basti pensare che si stima che il fenomeno pesi sull’economia americana per più di 500 miliardi di dollari l’anno.

Proprio per essere ancor di più al fianco delle aziende e dei lavoratori, messi così duramente alla prova dalla pandemia, ISSIM ha recentemente ampliato la propria offerta con il servizio Wellness Green Line, una linea telefonica di ascolto e supporto psicologico con professionisti esperti, con cui confrontarsi per necessità di natura psicosociale sorte in questa situazione unica nel suo genere.

Fonte: https://www.corriere.it/economia/lavoro/cards/burnout-perche-colpa-capo-6-fattori-chiave-stress-lavoro-come-evitarlo/burnout-pandemico_principale.shtml

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