Gender Gap: come il Covid allontana la parità

Brillanti tra i banchi, prime alla laurea, sempre disposte a prendere parte ad esperienze all’estero e ai tirocini. Ma comunque più svantaggiate a trovare un impiego rispetto ai colleghi uomini. Sono le donne italiane, ancora in balia di un divario di genere che ha radici profonde ed è dovuto in gran parte alla cultura sociale e ai retaggi storici che, da decenni, nonostante i notevoli progressi degli ultimi tempi, continua ad affliggere le lavoratrici, soprattutto in tempo di Covid.

Prime della classe

Un rapporto tematico di genere realizzato da AlmaLaurea ha evidenziato che, nell’ultimo anno le laureate sono state quasi il 60% del totale dei laureati italiani, con risultati migliori sia in termini sia di regolarità negli studi sia di voto di laurea: il 60,2% delle donne conclude infatti il proprio percorso accademico, rispetto al 55,7% degli uomini, mentre il loro voto medio di laurea è, rispettivamente, pari a 103,9 e 102,1/110).

Anche per quanto riguarda la carriera all’interno degli atenei primeggiano nettamente: prendono parte più degli uomini alle esperienze di tirocinio curriculare (61,4% rispetto al 52,1%), di lavoro durante gli studi (66,0% rispetto al 64,0%) o di mobilità studentesca (11,6%, rispetto al 10,9% degli uomini)

Eterne seconde sul lavoro

Arrivati sul mercato del lavoro lo scenario cambia completamente e le differenze di genere emergono in tutta la loro drammaticità. Il tasso di occupazione è sempre a vantaggio degli uomini: tra i laureati di primo livello a cinque anni dal titolo pari all’86,0% per le donne e al 92,4% per gli uomini; tra quelli di secondo livello rispettivamente pari a 85,2% e 91,2%. A cinque anni dal titolo, in presenza di figli il divario di genere si amplifica ulteriormente.

Il covid e il suo impatto

Con l’arrivo del Covid la situazione non è affatto migliorata: la pandemia ha avuto un impatto fortemente sproporzionato sull’uguaglianza di genere, a partire dalla richiesta di lavoro. Dalla prima metà del 2020 il calo delle richieste di CV ha coinvolto soprattutto le ricerche di profili professionali associati prevalentemente a uomini. Tale calo ha determinato, in corrispondenza del secondo trimestre del 2020, l’avvicinamento della curva maschile a quella femminile (le richieste di CV sono state, rispettivamente, poco meno di 71mila per i laureati e 67mila per le laureate).

Con la ripresa la forbice si è allargata di nuovo. Nei trimestri successivi, in corrispondenza della progressiva riapertura delle attività economiche, l’aumento delle richieste di curricula ha riguardato in particolar modo proprio i profili associati agli uomini. Risultato: la curva maschile e quella femminile si sono riallontanate.

Quali misure mettere in campo?

Il gender gap è dovuto in parte anche a un’errata valutazione delle soft skills da parte delle aziende. Le donne hanno mediamente qualità come l’empatia, il problem solving, la capacità di lavorare in team e sotto stress che sono fondamentali in qualsiasi azienda. Queste doti nella maggior parte dei casi però non vengono valorizzate, ci sono infatti ancora troppi aspetti storici e culturali che devono essere superati. Una reale parità di genere, è dimostrato, porterebbe straordinari benefici alle organizzazioni e al sistema Paese.

Fonti:

https://www.ilsole24ore.com/art/il-gender-gap-tempi-covid-donne-guadagnano-20percento-meno-uomini-AE6QYpAB

https://www.lastampa.it/economia/2021/09/12/news/lavoro-gender-gap-report-a-parita-di-impiego-le-donne-cominciano-a-guadagnare-il-7-febbraio-1.40694271/

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