Peer mentoring: perché fa bene al lavoro di squadra

Il peer mentoring aziendale è più di una buona pratica: è uno strumento concreto di welfare che unisce crescita professionale e tutela del benessere psicologico.

Ma che cos’è il peer mentoring esattamente? È un percorso di mentoring tra colleghi pari livello (o con esperienza vicina) che crea un punto di ascolto sicuro, riduce l’isolamento e normalizza le difficoltà quotidiane. Il risultato è un team più coeso, capace di apprendere in modo diffuso e di sostenersi nei momenti di pressione.

Come funziona e perché aiuta

Cosa si fa durante il mentoring?

Si lavora su casi reali, obiettivi di ruolo e competenze trasversali: si condividono pratiche efficaci, si chiariscono dubbi organizzativi, si rivedono priorità e confini del lavoro. Il confronto tra pari rende più semplice esprimere bisogni e chiedere aiuto. Così il mentoring diventa anche prevenzione: si intercettano segnali precoci di sovraccarico e si indirizzano verso i canali adeguati, contribuendo alla prevenzione del burnout.

A cosa serve il programma di mentoring?

Serve a migliorare onboarding e passaggi di ruolo, a diffondere metodi di lavoro condivisi e a rafforzare le competenze relazionali. Tra i benefici per il lavoro di squadra: più fiducia, più scambio tra funzioni, più capacità di apprendere dagli errori senza colpevolizzare.

Tutto questo si traduce in benessere e risultati: quando le persone si sentono sostenute, migliorano collaborazione e performance.

Quali sono gli obiettivi del mentoring?

  • Ascolto e supporto tra pari: uno spazio regolare, protetto, con regole chiare.
  • Condivisione di competenze: tecniche e soft skill (priorità, comunicazione, gestione conflitti).
  • Inclusione e pari opportunità: il peer mentoring è un alleato della diversità e inclusione perché rende la conoscenza accessibile e riduce barriere informali.
  • Coesione di team: si rafforza la connessione tra colleghi e il senso di appartenenza.

Primi step per attivare il peer mentoring in azienda

  1. Definisci formato e cornice. Scegli se lavorare in coppia o in micro-gruppi, con incontri brevi e cadenza regolare. Metti per iscritto regole semplici: riservatezza, obiettivi dell’incontro, quando indirizzare verso canali dedicati (HR o sportelli di ascolto).
  2. Seleziona e forma i mentor. Individua colleghi motivati e chiarisci i criteri di ruolo/anzianità. Offri un mini-training su ascolto attivo, domande aperte e gestione dei confini (cosa rientra nel peer mentoring e cosa no).
  3. Progetta gli incontri. Dai a ogni sessione un obiettivo chiaro e un’agenda snella.
  4. Integra con il welfare e la vita di team. Il mentoring tra colleghi non sostituisce i servizi: li avvicina. Collega il programma ai momenti salienti in azienda (es. onboarding, cambi di ruolo, riorganizzazione aziendale).

Fonti

https://www.econopoly.ilsole24ore.com/
https://www.econopoly.ilsole24ore.com/
https://www.aidp.it/
https://www.hr-link.it/

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