Nella nostra ricerca Scenari Welfare abbiamo indagato come le persone percepiscono oggi i programmi dedicati a Diversità, Equità e Inclusione in azienda. I risultati mostrano un quadro molto più sfumato e maturo di quanto spesso emerga nel dibattito pubblico.
DE&I: abbandonarla è un errore, ma serve equilibrio
La prima evidenza emersa dalla ricerca riguarda proprio l’atteggiamento degli intervistati verso la riduzione o la chiusura dei programmi DE&I. Alla domanda su questo tema, una larga parte delle persone si è schierata contro l’idea di abbandonarli:
- 36,2% ritiene che sia un errore interrompere completamente questi programmi;
- 36,1% pensa che serva un approccio equilibrato, riconoscendo che alcune aziende abbiano forse attribuito a quest’area un peso eccessivo, ma senza per questo negarne l’importanza.
In altre parole, la maggioranza non chiede di fare marcia indietro, ma di consolidare la DE&I in modo più equilibrato e concreto, evitando estremizzazioni ma preservando ciò che funziona.
Solo una parte minoritaria esprime un’opinione nettamente negativa:
- 19,3% crede che ci sia stato un eccesso generalizzato sul tema;
- 8,4% ritiene che la DE&I sia sbagliata perché andrebbe contro il merito e favorirebbe ingiustamente alcune minoranze.
Numeri più bassi, ma che confermano un dibattito ancora aperto, soprattutto quando la DE&I è percepita come ideologica e non come leva organizzativa.
Quali forme di diversità contano davvero in azienda?
Un altro passaggio fondamentale della ricerca riguarda la dimensione della diversità ritenuta più rilevante nel contesto lavorativo italiano.
Al primo posto emerge in modo netto la diversità di genere: il 52,0% indica il miglior bilanciamento e la valorizzazione tra uomini e donne come priorità assoluta. Seguono poi:
- la diversità generazionale (38,2%), sempre più centrale in contesti dove convivono 3 o 4 generazioni;
- la diversità legata a capacità fisiche e cognitive (29,5%), con un’attenzione crescente al tema dell’inclusione delle persone con disabilità.
Molto meno citate, invece, altre dimensioni:
- la diversità di Paese di provenienza (15,7%);
- la diversità di religione (6,3%), percepita come meno urgente nelle dinamiche quotidiane delle aziende italiane.
L’impressione generale è che le persone attribuiscano maggiore importanza alle forme di diversità che impattano direttamente la loro esperienza lavorativa: genere, età, accessibilità.
La DE&I, parte del benessere organizzativo
I dati di Scenari Welfare ci restituiscono una certezza: la DE&I non è un tema passato o marginale, e non è vissuta come un’imposizione. Per la maggioranza degli intervistati, rappresenta una leva per creare ambienti di lavoro equi, collaborativi e orientati al benessere. E quando si parla di diversità, non si parla solo di giustizia sociale: si parla di clima organizzativo, ascolto, motivazione, possibilità di esprimersi e di contribuire davvero.
In un momento in cui il dibattito internazionale tende alla semplificazione, la ricerca mostra un approccio più consapevole: meno polarizzato, più pragmatico, e soprattutto centrato sulle persone.
Per approfondire gli altri temi della ricerca ISSIM Scenari Welfare:
- Ascolto in azienda: https://www.issim.it/issim-welfare-in-azienda/
- Work-life balance: https://www.issim.it/issim-scenari-welfare-work-life-balance/
- Giovani in azienda: https://www.issim.it/issim-scenari-welfare-giovani-azienda/
- Empowerment femminile: https://www.issim.it/issim-scenari-welfare-empowerment-femminile/


