ISSIM Scenari Welfare: empowerment femminile

A che punto siamo in Italia con l’empowerment femminile? Nel quarto appuntamento della nostra indagine “Scenari Welfare”, realizzata con il supporto tecnico di AstraRicerche, abbiamo voluto ascoltare direttamente le voci dei lavoratori per indagare le possibilità che le donne hanno realmente nel mondo del lavoro italiano oggi.

Abbiamo chiesto agli intervistati se le donne abbiano pari accesso ai processi decisionali, a posizioni di leadership e a retribuzioni legate al merito, non al genere. I risultati offrono una fotografia utile per passare dalle intenzioni alle azioni.

Empowerment femminile: a che punto siamo e cosa funziona davvero

La cultura dell’empowerment femminile appare più diffusa nelle multinazionali e, in generale, nelle organizzazioni di dimensioni maggiori. Tra chi lavora in multinazionali è il 47,6% a riconoscerla; nelle grandi imprese il 45,2%; la quota scende nelle medie (35,7%) e nelle piccole (31,6%). Un segnale chiaro: dimensione e struttura incidono, ma non bastano. Servono scelte concrete e continuative.

La priorità indicata dagli intervistati è favorire la flessibilità di tempo e luogo di lavoro per chi ha carichi familiari (32,6%): senza strumenti di conciliazione reali, l’accesso alle opportunità resta diseguale. In parallelo, si chiedono percorsi di crescita dedicati per favorire l’avanzamento verso ruoli manageriali (21,8%).

Crescere l’intelligenza relazionale è visto come leva congiunta: soft skill delle donne (20,3%) e degli uomini (17,4%), perché l’equità si costruisce insieme. Infine, servono azioni mirate sulla cultura: momenti interni per riconoscere i bias di genere (17,2%) e procedure di segnalazione efficaci contro ogni discriminazione (14,6%). Sul piano strutturale, restano cardini equità salariale e (pur non maggioritarie) quote di rappresentanza in ruoli medio-alti (19,4%).

Le leve che fanno la differenza

Dialogo, ascolto e reti tra pari

L’empowerment attecchisce quando c’è conversazione organizzativa: incentivare il dialogo nei team e il team building (18,5%), creare gruppi aziendali di donne per scambio di esperienze (17,1%), attivare ascolto continuativo per leggere esigenze e correggere la rotta (13,7%). Anche il mentoring con figure esperte aiuta a far crescere competenze e fiducia (9,6%).

Investire prima: l’effetto lungo periodo

Il fulcro, per molti, è cominciare presto. Per il 35,6% va contrastata in adolescenza l’idea dei “ruoli di genere”. Occorre rafforzare la fiducia e l’iniziativa nelle ragazze (27,3%) e puntare sull’autonomia economica: risorse per avviare un’attività (34,1%), educazione finanziaria (19,9%), gruppi di supporto verso il lavoro (19,5%). Insieme, STEM (21,9%) e soft skill coltivate presto (21,1%) aprono strade concrete. L’ecosistema conta: accesso allo studio senza barriere (17,6%), role model femminili visibili (17,4%), genitori, docenti e leader coinvolti nella promozione dell’empowerment (15,7%).

In sintesi: l’empowerment femminile non è un progetto a latere, ma è fatto di scelte organizzative che tengono insieme flessibilità, percorsi di carriera, competenze relazionali, ascolto, eque tutele e che iniziano prima del lavoro, nelle traiettorie educative delle ragazze. Passare dai principi alle pratiche è la condizione per trasformare la parità in opportunità reale per persone e imprese.

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